Le spoglie mortali di San Teodoro d' Amasea - Cattedrale di Brindisi.
Teodoro di Amasea, noto anche come Teodoro Tiro (dal greco Tyron = soldato) (III secolo – Amasea, 17 febbraio 306), era un soldato dell'esercito romano nel Ponto, che subì il martirio per la fede in Cristo. Considerato santo dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese orientali, ebbe nel Medioevo un culto assai vasto.
Teodoro rifiutò di sacrificare agli dei e venne accusato di essere cristiano e deferito al giudizio del tribuno che lo imprigionó.
Dopo essere stato rilasciato incendiò il tempio della gran madre degli dei Cibele che sorgeva al centro di Amasea, presso il fiume Iris. Venne così nuovamente arrestato e il giudice ordinò che venisse flagellato, rinchiuso in carcere e lasciato morire di fame.
Scampato miracolosamente alla morte per fame, Teodoro venne infine tolto dal carcere e ricondotto in giudizio. I magistrati gli fecero grandi promesse, lo sollecitarono vivamente di accondiscendere alla volontà degli imperatori anche solo in apparenza, promettendo che lo avrebbero lasciato libero. Gli offrirono perfino la carica di pontefice. Teodoro rifiutò sdegnosamente e tenne testa al tribunale, non riconoscendo i loro dei, beffandosi delle proposte che gli venivano fatte e testimoniando che non gli avrebbero strappato una sola parola né un solo gesto contro la fedeltà che doveva al Signore. Il giudice, vedendo l'ostinazione di Teodoro, ordinò allora che venisse torturato con uncini di ferro, fino a mettere a nudo le costole, e lo condannò ad essere bruciato vivo.
Subì il martirio il 17 febbraio[2] del 306 (oppure tra il 306 e il 311)[3]. I carnefici lo condussero nel luogo stabilito e presero la legna da mercanti addetti ai bagni. Teodoro depose i suoi vestiti e i numerosi fedeli accorsi si agitavano per poterlo toccare, respinti dai carnefici. A costoro il martire disse: «Lasciatemi così (vivo n.d.r.) perché chi mi diede sopportazione nei supplizi mi aiuterà affinché sostenga illeso l'impeto del fuoco». I carnefici lo legarono, accesero il rogo e si allontanarono. La leggenda racconta che Teodoro non subì l'offesa delle fiamme, morì senza dolore e rese l'anima glorificando Dio. Una donna di nome Eusebia chiese il corpo di Teodoro, lo cosparse di vino e altri unguenti, lo avvolse in un sudario ponendolo poi in una cassa e lo portò, da Amasea, in un suo possedimento ad Euchaita, l'attuale Aukhat, distante un giorno di cammino, dove venne sepolto.
Le reliquie del martire furono trasportate dall'Oriente a Brindisi (città di cui è tuttora patrono).